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Recupera la tradizione del territorio, punta a rivitalizzare il settore, ripopolare le zone pedemontane e montane delle Marche e a immettere nel mercato un prodotto buono, sano, genuino. Questi gli obiettivi che Bovinmarche si è posta recuperando un incrocio storico di suino marchigiano risalente agli anni ’60 nato per sfruttare le caratteristiche sia della razza mora, sia della large white.

Suinicoltura: Bovinmarche riporta in tavola i sapori dello storico incrocio marchigiano

La sperimentazione, che ha concluso la sua prima fase, è stata presentata dall’Associazione di produttori della filiera agroalimentare Carni della Marca, martedì 8 ottobre, a Fabriano (AN), patria dell’omonimo salame presidio Slow Food, durante il convegno “La suinicoltura marchigiana: nuove opportunità tra tradizione innovazione”.

Tra gli scopi che si è sempre posta l’associazione – ha detto Paolo Laudisio, direttore Bovinmarche, in apertura ai lavori – c’è lo sperimentare, il guardare al futuro e dar forza ai soci (400 ndr). Con il progetto presentato a operatori e studenti, cerchiamo di rafforzare un settore, quello dell’allevamento di suini che, nelle Marche, è in difficoltà. Per questo, come fatto 30 anni fa con i bovini, puntiamo a riportare il pascolo estensivo dei suini nelle zone montane e pedemontane della regione. Un primo passaggio che ci auspichiamo possa rivitalizzare il comparto”.

A dare spunto all’iniziativa è stata la nuova etica del consumatore di carne e la parallela riscoperta del valore del grasso “buono” animale. È in questo nuovo scenario che è nato il progetto Bovinmarche. Il via è stato dato a dicembre 2017, in occasione dei 30 anni dell’Associazione, con la nascita dei primi lattonzoli distribuiti a 4 piccole aziende agricole dell’Appennino. I suini sono stati allevati in modo tradizionale senza utilizzare antibiotici, sono stati fatti crescere in un ambiente incontaminato, allo stato semi-brado e alimentati con i prodotti dell’azienda. Nella primavera di quest’anno Bovinmarche ha eseguito le prime prove di trasformazione che hanno portato alla produzione dei salumi simbolo della tradizione marchigiana (lonze, salami, prosciutti) che le decine di presenti all’incontro che si è svolto a Fabriano hanno potuto degustare.

Presenti all’appuntamento di Fabriano, come relatori, anche Andrea Montresor di “Impresa Verde Marche”, Maria Federica Trombetta, dell’UNVIPM; Paolo Ferrari e Anna Garavaldi del CRPA di Reggio Emilia; Emilio Procaccini, dirigente scolastico dell’istituto tecnico agrario “G. Vivarelli” di Fabriano.

Quando il pubblico, come ci auspichiamo, darà riscontro positivo – aggiunge Domenico Romanini, presidente Bovinmarche –, il nuovo prodotto sarà distribuito a macellerie, ristoranti e agriturismi convenzionati con l’associazione. Bovinmarche concentrerà poi la produzione per renderla disponibile e appetibile anche ai mercati più esigenti come la Gdo”.

IL PROGETTO

Nelle Marche, come in gran parte dell’Italia centrale – precisa Francesco Perlini, responsabile del progetto per Bovinmarche – veniva allevato un suino nero molto rustico. Un tipo genetico frutto di una selezione massale ottenuta nei secoli dall’uomo partendo dai cinghiali. Il suino nero – oggi denominato ‘razza mora’ – è caratteristico per la sua rusticità e voracità e si adatta benissimo anche ai sistemi di allevamento brado e semibrado. In tempi antichi veniva allevato libero affinché potesse cibarsi dei frutti del sottobosco: bulbi, tuberi e soprattutto ghiande. Successivamente si decise di allevarlo in recinti per migliorarne la crescita integrando l’alimentazione con cereali e altri prodotti aziendali. La sua importanza, nel nucleo famigliare contadino, era strategica per il sostentamento: la carcassa ricca di tessuto adiposo era fonte energetica primaria della famiglia. Il suo grasso era sodo perché ricco di acidi grassi saturi e, quindi, resistente all’irrancidimento, caratteristica fondamentale per la conservazione. Ma dopo la fine della II Guerra Mondiale, nelle Marche, cambiò lo stile di vita e, con la ripresa economica, anche le richieste alimentari: i grassi animali vennero sostituiti da quelli vegetali. Il suino ‘nero’ fu, negli anni, sostituito, tramite incroci con razze “bianche” (Large White, Landrace, Pietrain) provenienti dal Nord Europa. Le caratteristiche dei capi mutarono a vantaggio di un maggior percentuale di carne. Le nuove razze erano caratterizzate dall’essere molto prolifiche, con una struttura più asciutta e ricca di massa muscolare. Erano ideali per rispondere alla richiesta del mercato e per reggere il confronto con la carne bovina: divennero una reale, quanto economica, alternativa. Queste nuove tipologie di animale richiesero però una rivisitazione del comparto suinicolo che favorì gli insediamenti intensivi, con forti concentrazioni di animali, a discapito della qualità della vita degli stessi e della tutela dell’ambiente. Gli allevatori marchigiani, sensibili alle nuove richieste dei consumatori rivolte a produzioni ecosostenibili e integrate nel territorio, individuarono sistemi di allevamento alternativi”.

 

“Bovinmarche, vicina ai soci allevatori – continua Perlini – propone oggi un sistema più rispettoso dell’ambiente, riportando in auge le più tradizionali pratiche di allevamento e presentando un animale capace di rispondere alle caratteristiche necessarie per la trasformazione delle carni. Propone un incrocio, un suino con caratteristiche intermedie, perfetto per le grandi quantità e per la tipologia di struttura più magra di cui necessita il mercato. Anche il sapore è gradevole. Le cellule adipose dei muscoli, il grasso intramuscolare, rappresentano un tessuto di riserva che trattiene i profumi, gli aromi degli alimenti di cui si ciba l’animale. Alla cottura delle carni avviene il rilascio di questi sentori che condiscono e rendono, allo stesso tempo, più tenera la carne”.